Finale di Xfactor, vince Anastasio, volenteroso rapper con testi accattivanti, presenza, musica ben costruita, disco d’oro, contratto e pubblico già numeroso e adorante.
Da oggi troveremo Anastasio in tutte le radio, su spotify, su youtube, ovunque. E al di là del valore musicale e personale (che non sono in grado di discutere, avendolo praticamente conosciuto ieri) rimane un ennesimo prodotto cercato e costruito su quello che il pubblico desidera.
Il pubblico è sovrano, si dice. Decide il successo di un cantante, attore, scrittore, politico. Vero, più o meno.
Perché se il mercato continua nella scientifica ricerca di ciò che ha una presa maggiore sul pubblico si rischia sempre più di eliminare innovazione, sperimentazione e anche una dose di sana e incosciente follia dalla possibilità di poter essere conosciute.
Mi chiedo infatti quanto le radio, Spotify e il circo del mondo discografico non dia al pubblico solo quello che desidera in una sorta di populismo musicale che sempre meno accetta l’innovazione fuori dalla propria comfort zone e muove invece il piedino a tempo, beato della comoda musica nella propria bolla in dolby surround.
Mi chiedo quanto questo modello ritagliato sui gusti del pubblico sia un modello evolutivo e non invece involutivo, che tagliando i germogli fuori dal seminato e lasciando crescere solo quelli utili in un impoverimento generale dell’offerta porta la spinta innovativa solo sotto un rigido processo controllato da meccanismi quasi esclusivamente commerciali.
Al di fuori della musica, poi, in ogni campo, il populismo porta a andare sempre più incontro ai gusti e alle attese delle persone in nome del business. Nessuna distrazione, nessun rischio.
D’altra parte anche la tecnologia propone algoritmi (come ad esempio quello di spotify nella musica o di facebook per il resto) che ci portano a non scoprire più nulla che distragga da ciò che è deciso che sia meglio per noi in base ai nostri gusti che condizionano ciò che vediamo in un loop al ribasso praticamente infinito.
Chiusi in recinti social e in bolle confortevoli, in un mondo dove paradossalmente abbiamo accesso a tutto lo scibile umano. rischiamo di non avere più la possibilità della scoperta, dello stupore, dell’errore.
Rischiamo di pensare che quello sia il mondo migliore quando invece il mondo migliore è quello che riusciamo a scegliere anche sbagliando, quello che grazie alla scelta forma la nostra coscienza critica e ci permette di capire meglio cosa sia di qualità e scadente, bello o brutto, utile o inutile, filtrato dai propri gusti e dalle proprie aspettative.
Rischiamo di omologare il mondo in nome di un modello di business comodo per la fruizione ma creato con un unico scopo: venderci prodotti.
Omologazione, innovazione, “ai miei tempi” e altri dubbi in coda a Xfactor sono ben rappresentati in questa conversazione con Claudio Coccoluto su twitter.
E quindi ha vinto quello che rap. A prescindere dalla qualità è inedito abbastanza. Ora per il rap manca solo Sanremo. [che poi cosa è rap? Quello delle origini o questo di adesso o tutti e due?] #xf12
— insopportabile (@insopportabile) December 13, 2018
I said a hip hop
Hippie to the hippie
The hip, hip a hop, and you don't stop, a rock it out
Bubba to the bang bang boogie, boobie to the boogie the beat…— Claudio Coccoluto (@coccodj) December 13, 2018
Ma quando lo tiri fuori dalla custodia non ti senti come un archeologo che apre un sarcofago, ormai? Per capire i nostri tempi bisogna studiare la storia, ascoltarla bene.
— insopportabile (@insopportabile) December 13, 2018
è molto diverso: la Musixa è arte che rivive ad ogni ascolto, come libro a nuova lettura, come un film rivisto: lega le sue emozioni alle nostre del momento attuale e quelle originarie e ne forgia delle nuove, se sai ascoltare, è una forma sublime di stupore
— Claudio Coccoluto (@coccodj) December 13, 2018
Una forma sublime di stupore.
Lasciamo che la musica (e la vita) sia ancora capace di stupirci senza che sia qualcun altro a decidere.
Frankie HI-NRG MC – Quelli Che Benpensano